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Mettendo al centro le persone nelle nostre inserzioni,
siamo in grado di aiutare i marketer a raggiungere il pubblico giusto
e a far crescere le loro aziende
– Facebook, Brand safety in piattaforme e posizionamenti pubblicitari, 2018.

Come si è visto nel capitolo precedente, più di 2 miliardi di persone usano Facebook e ciò rappresenta un enorme mercato globale in continua espansione. Combinando questi numeri con quelli delle altre piattaforme proprietarie e dell’Audience Network si può comprendere l’opportunità che un’inserzionista ha di raggiungere esattamente il target di riferimento.
Si tratta di un pubblico immenso che copre trasversalmente tutte le fasce della popolazione, ovvero acquirenti potenziali per qualsiasi mercato.
Per questo motivo, Facebook è la piattaforma maggiormente utilizzata dai marketer per lanciare campagne pubblicitarie (70%), seguita da Instagram (41%). Inoltre, il 58% del totale ha pianifico di incrementare l’utilizzo delle inserzioni su Facebook e il 55% su Instagram (Stelzner, 2020).


La competizione aumenta sempre più: una Pagina Facebook su 4 utilizza contenuti a pagamento (We Are Social e Hootsuite, 2018) e Facebook possiede già più del 25% della spesa totale in digital advertising (c.d. ads) negli USA (eMarketer, 2018).
Una delle conseguenze di questo maggiore interessamento da parte di inserzionisti che investono budget in campagne pubblicitarie su Facebook e Instagram è l’aumento dei costi di advertising, e questa è una situazione oggettiva di cui non si può non tener conto quando si parla di social media advertising. Un trend che sembra aumentare costantemente, in linea con l’incremento della competizione. Per essere competitivi sul mercato, dunque, c’è una maggiore necessità di aumentare l’ad spend ovvero il budget dedicato all’advertising.
Quindi l’aumento della popolarità delle social ads ha portato a nuove sfide: l’incremento dei costi nelle aste pubblicitarie da una parte e la difficoltà nel farsi notare dall’altra, dato l’ingente numero di stimoli che colpiscono gli utenti quotidianamente (Hootsuite, 2019). Tutto ciò, richiede nuove competenze estremamente specifiche e verticali e un’ottimizzazione delle strategie di paid social.


Nel seguente capitolo quando si citerà Facebook si starà prendendo implicitamente in considerazione anche gli altri posizionamenti disponibili da Gestione Inserzioni. Questi sono:

1. Facebook.

2. Instagram.

3. Audience Network (ossia una rete di app e siti web di editori in cui si possono mostrare le inserzioni al fine di raggiungere i consumatori anche negli altri luoghi che abitano online).

4. Messenger.

L’ecosistema è ampio e complesso. Si tenga in considerazione che se non si ha un account Instagram si potrà comunque fare pubblicità sui suoi posizionamenti. Detto ciò, è consigliabile collegare un account Instagram attivo per dare credibilità, autorità e reputazione al brand. Come si è detto nel capitolo precedente, anche questi aspetti “organici” hanno delle ripercussioni sulla qualità e sui costi delle ads e la credibilità influenza il valore della pubblicità (Ducoffe, 1995).



Cosa vedremo in questo post?
La multicanalità digitale e pubblicitaria.
Facebook: un ecosistema centrato sulla persona.
Le aste pubblicitarie e il sistema di pubblicazione.
La targetizzazione granulare abilitata da Facebook ads e l’Intelligenza Artificiale.
La raccolta dei dati e dei segnali digitali: il carburante delle Facebook Ads.
Brevi riflessioni finali.

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4.1 La multicanalità digitale e pubblicitaria.

Le fonti di traffico e i digital channel possono essere classificati in tre principali categorie:

● Guadagnati (earned media). Con questo termine si indica la visibilità che un’organizzazione ottiene grazie al passaparola organico (eWOM) e all’advocacy. In pratica è una diffusione spontanea, visibilità e pubblicità gratuita generata dai fan in risposta a contenuti che apprezzano. Sono senza costi diretti per il brand ma anche di difficile controllo. Per esempio, sono i like, i commenti e le condivisioni su Facebook e Instagram.

● Di proprietà (owned media). Qui vengono inclusi tutti i canali controllati dall’impresa come siti web, e – commerce, newsletter, blog ecc.  Si tratta di tutti quegli utenti, lead e clienti di cui si possiedono i dati. In questo caso, l’impresa potrà avvalersi dei propri asset di comunicazione. Una fonte che diviene sempre più importante, poiché concede il pieno controllo al brand che potrà inviare comunicazioni estremamente personalizzate ogni volta che lo reputa opportuno e a costo zero (se non quello dei tool e dei professionisti).  Tuttavia, esula dall’ambito di questo documento.

● A pagamento (paid media). Sono spazi pubblicitari per cui le imprese pagano così da mostrare e distribuire i propri contenuti al fine di portare traffico principalmente sui media di proprietà. In questa categoria rientrano le pubblicità sui social media, come quelle su Facebook o Instagram. L’obiettivo è quello di favorire l’avanzamento del consumatore lungo il processo di acquisto.
Nei capitoli precedenti si è potuto constatare come la reach organica su Facebook e Instagram (ma anche su altri social network “maturi”) stia diminuendo anno dopo anno, facendoli diventare dei sistemi “pay – to – play”.
Utilizzando le Facebook Ads, i brand potranno raggiungere ognuno di questi utenti con un targeting altamente personalizzabile, avendo informazioni dettagliate su ogni singolo utente. Secondo le stime di GroupM, il digitale rappresenterà il 55% del budget pubblicitario totale speso nel 2021 (Wieser, 2020).


In qualsiasi caso, si tratta di fonti che devono essere integrate, non escludendosi a vicenda, per massimizzare l’efficacia del piango di digital marketing. Perciò, le Facebook Ads devono essere inserite in una strategia multicanale ampia e sinergica poiché non si può pensare di ottenere risultati solo utilizzando questo strumento. Il journey è lungo e complesso e si articola su vari touch point presenti su diversi canali.


Per esempio, se l’utente arriva sul sito web da altri canali come Google Ads entrerà negli elenchi di retargeting anche di Facebook e viceversa.
Naturalmente il sito web diventa un hub di traffico e lo segmenta. Il blog è uno strumento fondamentale di marketing per generare traffico profilato e i blog post sono utili anche per essere sponsorizzati in advertising.
In aggiunta, le strategie di e-mail marketing, al giorno d’oggi, non possono essere trascurate e andranno implementate nella strategia digitale globale.
Anche la SEO (“Search Engine Optimization” ovvero l’ottimizzazione per i motori di ricerca) è molto importante e la sua finalità è duplice:

● Permette di generare traffico qualificato nel medio – lungo periodo.

● Permette di validare la pubblicità presente sugli altri canali poiché chi le visualizzerà, molto probabilmente, andrà ad effettuare delle ricerche sui motori come Google.

In tal senso, la pubblicità online (es. Google Ads) permette di supportare anche la SEO in tutte quelle ricerche ad alta competizione dove, in qualsiasi caso, ci vorrebbero mesi o anni per ottenere dei risultati in termini di visibilità. Al giorno d’oggi, in molti settori e mercati, diviene estremamente difficoltoso, se non impensabile, raggiungere obiettivi ambiziosi in tempi relativamente brevi avvalendosi unicamente delle strategie SEO. Detto ciò, non avere attiva una strategia search mentre si lanciando campagne su Facebook significa non sfruttare completamente la visibilità generata e avvantaggiare i competitori che invece godono di posizionamenti forti sui motori di ricerca. Se un brand non ha questo forte posizionamento SEO dovrà pensare di usare Google Ads per ovviare a questa problematica e per intercettare la domanda consapevole (che cerca effettivamente un prodotto o un servizio sul motore di ricerca in questione). Allora Facebook Ads e Google Ads agiscono in modo complementare: il traffico generato da Google potrà diventare un’audience di retargeting su Facebook e viceversa. Poi in base alla consapevolezza della domanda del settore, il budget dovrà essere ribilanciato tra i due canali media.


Allora la multicanalità deve essere anche a livello di canali pubblicitari dei quali ci si avvale. Da una parte perché il percorso d’acquisto dell’utente è divenuto sempre più frammentato e multicanale, dall’altra perché la domanda può essere sia latente che consapevole.
Allora saranno necessari annunci differenti tra coloro che fanno una domanda consapevole ricercando effettivamente un particolare prodotto o servizio (o argomenti inerenti al settore di riferimento del brand) su un motore di ricerca (come Google o Amazon) e chi effettua una domanda latente ossia quando un potenziale consumatore ha un bisogno o un’esigenza non ancora soddisfatta, espressa e manifesta. In questo secondo caso, la strategia pubblicitaria dovrà andare a stimolare un utente mentre naviga, per esempio su un social network come Facebook o Instagram, non ricercando attivamente e direttamente un prodotto.


Quando si parla di Facebook Ads non si può tralasciare il concetto di domanda latente poiché su queste piattaforme social non sempre vi è una ricerca esplicita di un prodotto o di un servizio. Nel feed di Facebook e di Instagram, l’utente, oltre ai contenuti dei propri amici o delle pagine seguite, potrà visionare e scoprire nuovi prodotti, servizi e brand che potrebbe essere predisposto ad apprezzare. Naturalmente quanto appena detto non diviene più vero in fase di retargeting dove si va a mostrare un annuncio a coloro che hanno visualizzato un particolare prodotto, che hanno aggiunto al carrello, che hanno cercato e molto altro ancora. Per scalare un business non ci si può focalizzare solo sulla domanda consapevole non potendo aspettare che i potenziali clienti ricercano attivamente i propri prodotti e servizi. I brand devono aiutare i consumatori a scoprire i prodotti che potrebbero essere utili, andando a sollecitare coloro che potrebbero essere interessati ad un brand ma che non hanno ancora razionalizzato il bisogno e di attivare una ricerca diretta. La tecnologia predittiva alla base di Facebook è un efficace supporto in tal senso.


Facebook, quindi, andrà utilizzato come canale integrativo nell’ambito delle strategie media.



4.2 Facebook: un ecosistema centrato sulla persona.

Gli annunci sui social network, grazie alla loro natura interattiva (a due vie, tipica del Web 2.0) e informativa, si integrano perfettamente all’interno della comunicazione cliente centrica (Barreda et al., 2016; Lee e Hong, 2016; Logan, Bright e Gangadharbatla, 2012; Mangold e Faulds, 2009; Palla, Tsiotsou e Zotos, 2013; Swani et al., 2017; Wu, 2016). Essendo inseriti nel contesto del Web 2.0 e soprattutto in quello social, i consumatori avranno varie percezioni ed esperienze nell’interagire con le inserzioni su Facebook. Le pubblicità nell’ecosistema Facebook permettono di intraprendere dialoghi e conversazioni bidirezionali poiché le persone potranno commentarle, chiedere informazioni, raccontare la propria opinione, reagire ed interloquire con il brand ecc. Queste interazioni portano al coinvolgimento del consumatore che favorisce le decisioni di acquisto e lo sviluppo di atteggiamenti positivi verso le inserzioni (Lu et al. 2019). Non è più una pubblicità ad una via come quella tradizionale.


Ogni decisione presa da Facebook è volta solo al bene dell’utente, così da mostrargli continuamente contenuti che gli interessano e lo mantengono attivo online. L’obiettivo prioritario dei suoi algoritmi è proprio quello di mostrare i contenuti pertinenti e rilevanti alle persone giuste al momento migliore, a seconda dei loro interessi, comportamenti, azioni passate, abitudini e molto altro.
Per questo motivo Facebook è particolarmente severo con gli inserzionisti che violano le normative pubblicitarie in quanto mettono a repentaglio la permanenza dell’utente sulla piattaforma. Essendo un’azienda quotata, il suo obiettivo parallelo è il profitto e ad oggi la pubblicità è la fonte primaria di guadagno per Facebook. Instagram opera con un modello di business simile, in cui la maggior parte delle entrate proviene dalle aziende che fanno pubblicità sulla piattaforma (Gumbus et al., 2012).
Più tempo una persona passerà a navigare su Facebook e Instagram e maggiori saranno le opportunità di mostrargli inserzioni e quindi la monetizzazione aumenterà (anche se con l’Audience Network ciò diventa parzialmente vero poiché l’utente potrà essere raggiunto su siti web, blog e app esterne alla piattaforma). Allora, per perseguire una crescita sostenibile degli utili, Facebook non può fare a meno che mettere al centro l’utente.


L’esperienza di navigazione degli utenti è fondamentale. Per esempio, gli annunci su Facebook, essendo “nativi”, cercano di “interrompere” il meno possibile la navigazione delle persone. Difatti le inserzioni nel Feed, nelle Stories o nella sezione Esplora assumono la forma e l’aspetto dei contenuti condivisi dagli utenti organicamente (Wojdynski e Evans, 2016). In pratica sono annunci che si intersecano perfettamente col formato del contenuto editoriale normalmente fruito sulla piattaforma, integrandosi con l’esperienza del consumatore (Cho e Hongsik, 2004).
L’intrusività è la percezione che un consumatore ha del grado in cui un annuncio interrompe un’esperienza o un’attività (Ha, 1996). Questo fenomeno deriva dal principio psicologico della reattanza (Brehm e Brehm, 1981) il quale, riassumendo, afferma che se i messaggi minacciano la libertà di una persona o il controllo di una situazione, potranno scaturire dei sentimenti negativi, irritazione e fastidio (Rains, 2013). A questo punto, l’individuo cercherà di ripristinare il suo stato di libertà, evitando ed ignorando la pubblicità (Chang et al., 2013; Edwards et al., 2002; McCoy et al, 2008; McCoy et al, 2012; Li et al., 2002). Basti pensare a come la diffusione degli Ad Blocker riflette la frustrazione dei consumatori per la pubblicità irrilevante che li interrompe o li rallenta nel fare ciò che stanno facendo. Di contro, quando le inserzioni non interrompono ma sono pertinenti, rilevanti ed utili, forniscono al consumatore idee, ispirazioni e opportunità: il 44% degli utenti di Internet a livello globale afferma che tende a comprare le marche che vedono pubblicizzate (Bayindir e Paisley, 2019).
Allora l’invadenza di un annuncio e inversamente correlato alla sua efficacia.
Gli annunci nativi su Facebook tentano così di risolvere il problema dell’interruzione pubblicitaria mentre la maggioranza delle forme di marketing promozionale “classiche” (come volantini, telemarketing, pubblicità sui giornali, radio, televisione o cartellonistica) sono accomunate da una caratteristica ben precisa: interrompono mentre l’utente sta svolgendo qualcosa che non ha nulla a che fare con l’oggetto promosso.  Questo genere di attività si chiama “interruption marketing” (Godin, 1999) che, come si è detto, si collega al concetto di assenza di libertà e di volontà. Come sopra accennato, queste interruzioni “obbligate” e irrilevanti rispetto l’interesse dell’individuo che le dovrà visualizzare, generano associazioni negative che influenzando negativamente il valore della pubblicità (Ketelaar et al., 2018). Essendo in un’era di marketing relazionale, che si discosta da quello “push” tipico dei mass – media e della pubblicità tradizionale, ogni modalità intrusiva e che costringe l’utente a visionare qualcosa che non vuole vedere, portano solo ad un allontanamento rapido.
Gli annunci su Facebook invece introducono la pubblicità in un contesto senza interrompere l’attività dell’utente in quanto assume lo stesso formato e le stesse caratteristiche del contenuto organico pubblicato da chi si segue volontariamente (siano essi amici o brand). La percezione da parte dell’utente è quindi di minore intrusività dal punto di vista dell’esperienza d’uso.


Infine, si vuole sottolineare come il numero di annunci che un’utente potrà visualizzare quotidianamente viene limitato sempre col fine di non infastidirlo. La frequenza viene limitata per non mostrare la stessa inserzione troppe volte ad un singolo utente così da mantenere il contenuto sempre interessante e pertinente (facebook.com, Informazioni sui limiti di frequenza).
I limiti della frequenza dipendono da vari fattori come la targhettizzazione, l’asta pubblicitaria e l’obiettivo selezionato. Per esempio, nella sezione Notizie di Facebook un’utente vedrà le inserzioni di un brand una volta ogni due giorni, nel feed di Instagram non più di una volta ogni tre ore mentre nelle Instagram Storie non più di una volta ogni sei ore (facebook.com, Informazioni sui limiti di frequenza).
Utile per capire questo elemento è la colonna “Frequenza” nei Dettagli in Gestione inserzioni o nei Report pubblicitari.



4.3 Le aste pubblicitarie e il sistema di pubblicazione.

La logica cliente centrica pervade svariati aspetti di Facebook ma questa visione diventa particolarmente chiara quando si tratta di aste pubblicitarie.

Il Sistema di pubblicazione delle inserzioni e le pubblicità nelle piattaforme di Facebook si basano su un sistema di aste automatizzato e sull’apprendimento automatico per determinare l’annuncio migliore da mostrare ad un utente specifico ma anche quando e dove farlo.
Al momento della creazione di un’inserzione, il marketer dovrà selezionare gli obiettivi, i risultati d’interesse che dovranno essere raggiunti grazie alla campagna (es. Add To Cart, Purchase, View Content, Clic sul link, Visualizzazione della pagina di destinazione ecc.), il pubblico di destinazione che vorrebbero raggiungere e molte altre variabili.
Dopo aver creato la campagna, un inserzionista competerà con tutti gli altri che desiderano mostrare un annuncio alla sessa audience. Infatti, su Facebook gli slot pubblicitari sono limitati, come è limitato il numero di annunci che ogni utente potrà vedere quotidianamente.


Per decretare il vincitore che si aggiudicherà lo slot in questione, viene utilizzata un algoritmo che calcola il valore totale dell’inserzione. Questo può essere così semplificato:

(Facebook, Facebook Bid Strategy, 2017)


L’offerta (Advertiser’s Bid) indica quanto l’inserzionista è disposto a pagare per ottenere un particolare risultato – obiettivo dalla propria target audience. Tuttavia, l’offerta non è il costo dell’evento di ottimizzazione scelto.
Nelle aste di Facebook non vince chi offre di più (l’offerta resta un fattore chiave con un ruolo importante) ma chi ottiene il valore totale maggiore. La piattaforma dovrà bilanciare l’interesse dell’inserzionista (mostrare l’annuncio a quante più persone possibile per ottenere il maggior numero di conversioni) con quello degli utenti (scoprire brand e contenuti interessanti e coinvolgenti) così da incrementare il tempo da loro trascorso sulla piattaforma. Tempo che verrà utilizzato per mostrare altre inserzioni, così da alimentare il ciclo, massimizzando le entrate per Facebook e mantenendo l’esperienza pertinente per gli utenti. Allora l’annuncio che vincerà l’asta sarà quella che otterrà il valore superiore per entrambe le parti.
Questo obiettivo non può essere raggiunto semplicemente mostrando gli annunci con le offerte più alte. Ciò significa che imprese con budget limitati possono competere con grandi multinazionali con budget milionari.


Difatti ci sono altri due elementi importanti nelle aste di Facebook:


1. La qualità dell’inserzione (User Value) che genera le customer experience. Facebook vuole che gli utenti interagiscano con gli annunci sulla piattaforma (analogamente a quanto accade con gli altri contenuti). Senza coinvolgimento e bidirezionalità, Facebook diverrebbe un luogo di comunicazione passiva e unidirezionale, perdendo la sua natura sociale.
Per questo motivo, durante le aste la classificazione degli inserzionisti avviene anche in base alla rilevanza e alla significatività degli annunci che dovranno essere mostrati al pubblico di riferimento. L’azienda dovrà chiedersi se effettivamente l’inserzione coinvolgerà le persone a cui ci si vorrà rivolgere. Difatti i meccanismi pubblicitari alla base di Facebook sono stati pensasti per favorire esperienze positive e di qualità per gli utenti che popolano il Social mentre quelle con qualità inferiore tendono a costare di più.
Le variabili che vengono analizzate in questo punto sono varie: Ad Quality Panel, coinvolgimento positivo/negativo previsto ed effettivo, la ripetizione dell’annuncio, il feedback degli utenti che visualizzano o nascondono l’annuncio ma anche che segnalano l’annuncio. Inoltre, bisogna stare particolarmente attenti a rimuovere gli attributi di bassa qualità (facebook.com, Attributi pubblicitari da evitare per migliorare la qualità e le prestazioni delle inserzioni):

● Omissione e non rivelazione di informazioni o altre forme di clickbait (per esempio con dichiarazioni fuorvianti).

● Linguaggio sensazionalistico ed esagerato, suscitando una reazione da parte delle persone in modo da creare un’esperienza imprevista quando cliccano sull’ads per atterrare sulla landing page.

● Engagement bait, utilizzando contenuti spam che spingono gli utenti ad interagire con l’inserzione in modo improprio al fine di ottenere più reazioni (like, commenti, condivisioni, salvataggi).

● L’esperienza post – clic sul sito Web, la quale dovrà essere coerente e non fuorviante e senza contenuti controversi. In questo caso verrà valutato anche il tempo di permanenza sul sito, la frequenza di rimbalzo, il tempo di caricamento, il non funzionamento.
Il brand deve prima di tutto assicurarsi che le inserzioni e le landing page siano pertinenti e utili per l’audience selezionata.

● Contenuti per adulti, di bassa qualità o fastidiosi.

In aggiunta, è bene tenere sotto controllo la Normativa Pubblicitaria di Facebook (facebook.com/policies/ads).
Si tenga in considerazione che pubblicando continuamente inserzioni di bassa qualità, il sistema di pubblicazione di Facebook potrebbe considerare di bassa qualità anche tutte le altre lanciate da quel brand.


In aggiunta, l’utente potrà dare un feedback e una valutazione negativa all’inserzione visualizzata. Ciò accade soprattutto quando l’inserzione non è pertinente e rilevante o quando viene mostrata continuamente e con alte frequenze, infastidendo l’utente. Questa tipologia di feedback è decisiva, rientrando tra le variabili algoritmiche di Facebook poiché è nel suo interesse mostrare i contenuti e i messaggi corretti alle persone giuste così da coinvolgerle, interessarle, stimolando la condivisione delle informazioni personali e quelle visualizzate ed incrementando il tempo di permanenza all’interno della piattaforma (che, come si è detto in precedenza, è un prerequisito per aumentare gli introiti pubblicitari).
Allora, con l’aumentare dei feedback negativi ad un’inserzione e con la diminuzione del punteggio di pertinenza, i costi diverranno più elevati.



2. Il tasso di azione stimato (Estimated Action Rate). L’algoritmo stima la probabilità che l’utente converta (cioè porti al risultato desiderato), eseguendo una particolare azione (es. acquistare, aggiungere un articolo al carrello, visualizzare un contenuto ecc.), se gli verrà mostrato l’annuncio. Chiaramente, rapportandolo sempre alla probabilità degli altri inserzionisti che partecipano a quell’asta.


L’User Value assieme all’Estimated Action Rate misura la pertinenza dell’annuncio. “Poiché vogliamo che alle persone siano mostrate inserzioni pertinenti, l’asta pubblicitaria prende in considerazione le previsioni relative alla pertinenza di ogni inserzione per la persona in questione. Le inserzioni più pertinenti spesso costano meno e ottengono maggiori risultati. In altre parole, un’inserzione pertinente per una persona potrebbe vincere un’asta contro inserzioni con offerte più alte” (facebook.com, Informazioni sulle aste pubblicitarie; facebook.com, Informazioni sulla pubblicazione delle inserzioni).


Per ottimizzare le inserzioni che non stanno ottenendo prestazioni sodisfacenti (e non quelle che già raggiungono in modo efficace gli obiettivi) si può valutare la pertinenza attraverso lo strumento di Diagnostica relativa alla pertinenza delle inserzioni (che ha sostituito il precedente “Punteggio di pertinenza”). Attraverso questo si potrà intuire come modificare le creatività, l’esperienza post – clic o la targetizzaione dell’audience di riferimento.
Questo strumento si basa sull’analisi congiunta di tre indicatori (da analizzare congiuntamente per ottenere maggiori dati significativi), i quali dovranno essere aggiunti alle colonne standard presenti in Gestione inserzioni:


● Valutazione della qualità.
Si tratta della qualità percepita dagli utenti rispetto agli annunci dei competitor nelle stesse aste durante il periodo di riferimento. Qui viene presa in considerazione la qualità.

● Valutazione del tasso di coinvolgimento.
Il tasso di coinvolgimento previsto dell’annuncio del brand rispetto agli annunci dei competitor nelle stesse aste durante il periodo di riferimento. In questo caso verranno prese in considerazione le interazioni.

● Valutazione del tasso di conversione.
Il tasso di coinvolgimento previsto dell’annuncio del brand rispetto agli annunci dei competitor nelle stesse aste durante il periodo di riferimento. Nell’ultimo caso verranno prese in considerazione le conversioni.


I valori possibili per questi tre indicatori sono:

● Sopra la media.

● Media (percentile dal 35° al 55°).

● Sotto la media (35% delle inserzioni meno pertinenti e di conseguenza il 65% delle inserzioni in competizione per lo stesso pubblico è stato percepito come di qualità più elevata.).

● Sotto la media (20% delle inserzioni meno pertinenti).

● Sotto la media (10% delle inserzioni meno pertinenti).

Si tenga in considerazione che con l’analisi dello strumento di Diagnosi, ottenere alti punteggi di pertinenza delle inserzioni non conduce sempre ad un miglioramento dei risultati e per questo non deve essere un obiettivo rigido da perseguire.


Allora, non verrà premiato solo chi farà l’offerta maggiore ma anche colui che elaborerà l’inserzione più pertinente e con più probabilità di generare conversioni. Queste sono le tre componenti principali che dovranno lavorare assieme per guidare le performance positive.
Difatti Facebook parlando del suo sistema d’aste dichiara che “Our system delivers your ads with two goals in mind: showing people ads they’ll find relevant and maximizing value to drive your business objectives” (Facebook, Facebook Bid Strategy, 2017). La massimizzazione del valore per l’inserzionista e per il consumatore è proprio la logica che guida la customer centricity, come si è espresso già nelle prime righe del presente elaborato.



4.4 La targetizzazione granulare abilitata da Facebook ads e l’Intelligenza Artificiale.

Il periodo dei mass media in cui una pubblicità generica poteva coinvolgere con successo un’ampia varietà di utenti è finito. Oggi, grazie alla tecnologia, ai big data e al machine learning, si possono sviluppare inserzioni uniche, personali e rilevanti, per coinvolgere quell’utente con maggiori probabilità di conversione mediante contenuti e messaggi ad hoc. Veri e propri annunci centrati sul cliente. Si avranno delle opportunità senza precedenti per guidare l’utente lungo il percorso d’acquisto e ottenere maggiori ritorni sugli investimenti dato che il 90% dei clienti trova attraente e reagisce positivamente alla pubblicità personalizzate (Epsilon, 2020).
Difatti l’utilizzo di contenuti personalizzati permette di essere rilevanti in base alle caratteristiche della singola persona, conducendo a risultati nettamente migliori.


(MCN Mediabrands surveys, 2019; Zefr, 2016)


Allora, la percezione del valore della pubblicità è alta quando gli annunci forniscono informazioni pertinenti, utili, preziose e contestuali (Ducoffe, 1996; Lin et al, 2016; Zeng et al., 2009), indirizzando i contenuti giusti alle persone giuste (in base ai loro interessi, preferenze, comportamenti, modelli di consumo), al momento più opportuno. La rilevanza dell’annuncio deriva dalla sua congruenza con gli interessi e lo stile di vita dell’utente (Shareef et al., 2017). Dato che i clienti oggi cercano un servizio più personalizzato e allo stesso tempo vengono bombardati da informazioni e stimoli, qualsiasi campagna irrilevante non sarebbe in grado di catturare l’attenzione. 
La pubblicità centrata sul cliente produce una migliore esperienza per i consumatori e migliori risultati per le aziende, essendo uno strumento adeguato per promuovere i brand e le rispettive offerte in un mercato estremamente competitivo e orientato al consumatore. Chiaramente il passaggio ad una pubblicità centrata sul cliente non è esente da numerose sfide, tuttavia i benefici sono vari: un approccio più affidabile con risultati più prevedibili, riduzione degli sprechi del budget, tassi di risposta migliori, maggiori ritorni sulla spesa pubblicitaria (ROAS).
Quindi la pubblicità, per essere centrata sul cliente, dovrà essere diversificata in base alla Buyer Persona, al customer journey, alla tipologia di offerta e al problema che si intende risolvere con questa. Per questo motivo si dovranno veicolare messaggi rilevanti e pertinenti alle giuste Buyer Persona nella giusta fase del loro percorso d’acquisto per guidarli lungo la conversione finale. In pratica, le campagne pubblicitarie più efficaci sono quelle che raggiungono le tre R: the right message, to the right person, at the right time (Google e Doubleclick, 2014). La sfida è farlo in modo accurato, in tempo reale, su larga scala.


Il targeting su Facebook può diventare molto granulare, grazie alle soluzioni data – driven messe a disposizione. Grandissime quantità di dati sugli utenti che le piattaforme social raccolgono in base alle attività svolte all’interno e all’esterno di queste e che permettono di effettuare il micro – targeting, sfruttando metodi di profilazione molto precisi basati sia sui dati sociodemografici ma anche su interessi, comportamenti, abitudini, preferenze, propensioni a compiere certe azioni e svariate altre variabili. I social network raccolgono numerosi dati per ogni singolo utente, forniti dallo stesso in modo diretto o indiretto, pre – click o post – click, tramite il suo comportamento e le sue azioni. Inoltre, la multicanalità offre alle aziende ancor più segnali tracciabili sugli individui (Ramaswamy, 2016; Ramaswamy, 2017). Difatti, quando i consumatori visitano siti web, usano delle app o navigano sui social network lasciano delle “impronte digitali”, una scia di dati digitali estremamente preziosi per il targeting e il retargeting, col fine di fornire esperienze personalizzate e contestuali al singolo utente (Forrester Research, 2017). Integrando i dati, di prima e / o terza parte, i brand possono sviluppare una visione molto più chiara dei propri clienti.
In questo contesto, è l’intelligenza artificiale e il machine learning che ricoprono sempre più il ruolo chiave: l’AI, tra le altre cose, ha cambiato anche la pubblicità digitale diventando una sua componente cardine, permettendo agli inserzionisti di comprendere profondamente i consumatori e di comunicare con loro su base quasi individuale. Queste tecnologie intelligenti permettono di ottimizzare le prestazioni degli annunci e l’esperienza pubblicitaria degli utenti poiché verranno forniti contenuti pertinenti, personalizzati e rilevanti (con la giusta combinazione di creatività, testo, titolo e invito all’azione).
Facebook stessa afferma che “Our ad delivery system uses advanced machine learning to serve ads across our platforms, evaluating billions of ad-user pairings every day in order to show the right ad to the right person, at exactly the right time” (Facebook, 2017). Lo scopo finale è quello di stimolare il visitatore con un’offerta di suo interesse, prevedere l’intento, le azioni e i comportamenti degli utenti e la probabilità che queste accadano.


Grazie al machine learning di Facebook, le creatività possono essere ottimizzate in modo smart, testando automaticamente diverse immagini, video, titolo, descrizione, CTA e altro ancora per offrire le combinazioni migliori. Questo, per esempio, avviene nelleDynamic Creative Optimization (DCO) o Creatività dinamiche di Facebook che permettono di testare e mostrare dinamicamente le creatività più performanti in relazione al singolo utente. Tale tecnologia permette di creare uno schema creativo con elementi che cambiano a seconda dei segnali digitali tracciati.
Le Creatività dinamiche sono un ottimo strumento di ottimizzazione, soprattutto quando si hanno dei dubbi su quale immagine, video o copy sia migliore per gruppi di pubblico diversi. Attraverso le DCO vengono automaticamente presi diversi componenti delle inserzioni e vengono ottimizzati per ottenere risultati maggiormente efficienti per ogni impression mostrata. Questo permette di ottenere varianti di creatività personalizzate per ogni utente che visualizza l’annuncio.


Invece con le DPA (Dinamic Product Ads) e DABA (Dynamics Ads for Broad Audiences) sono due tipi di campagne particolarmente efficaci nel fornire dinamicamente all’utente il prodotto giusto per lui. Attraverso queste si potrà promuovere dinamicamente i prodotti rilevanti contenuti nel proprio catalogo (preventivamente caricato su Facebook) tra quelle persone che probabilmente acquisteranno quei prodotti specifici poiché interessate.
Le DPA vengono utilizzate nelle strategie di retargeting (quanto l’utente ha già navigato sul sito web o sull’app del brand, visionando o aggiungendo al carrello degli articoli o delle categorie) per mostrare i prodotti giusti alle persone che hanno espresso un particolare interesse. Potranno, per esempio, essere promossi gli stessi prodotti o prodotti complementari che un utente ha visualizzato o aggiunto al carrello negli ultimi 20 giorni ma che non ha acquistato così da incoraggiare la conversione finale. Il tutto in modo automatico. Le DABA, invece, vengono utilizzate nelle strategie di prospecting grazie alla targetizzazione “ampia”. In questo caso, a differenza delle DPA, verranno mostrati agli utenti quei prodotti che probabilmente sono in linea con i loro interessi, indipendentemente dal fatto che abbiano visitato o meno il sito web o l’app dell’impresa. Verranno così intercettati quegli utenti “nuovi” che non hanno ancora interagito con il brand ma che potrebbero essere interessati alla relativa offerta e automaticamente visualizzeranno quei prodotti presenti nel catalogo che sono allineati con i loro interessi.


Così facendo, si miglioreranno le prestazioni e la pertinenza delle inserzioni, riducendo i costi per risultato in quanto verranno mostrati solo annunci di prodotti rilevanti per il singolo utente. Inoltre, si riduce di netto il tempo necessario per creare la campagna non dovendo svilupparne una per ogni prodotto nel catalogo. Con l’aggiornamento manuale della creatività queste potevano essere più o meno pertinenti per il pubblico mentre ora con gli annunci dinamici, viene automaticamente offerto l’annuncio del prodotto giusto alla persona giusta, in base all’interesse che ha espresso. Invece di configurare centinaia di gruppi di inserzioni manualmente, è possibile creare un catalogo con tutti i prodotti e i servizi offerti e sfruttare l’apprendimento automatico delle inserzioni dinamiche.
In questo modo, le Ads Dinamiche classiche (DCO) o quelle dal Catalogo (DABA o DPA) permetteranno di sfruttare l’AI e il machine learning per personalizzare al massimo l’esperienza degli utenti ed incrementare le conversioni.


Fin ora si è visto come sfruttare il machine learning alla base di Facebook ads per offrire una customer experience positiva ed iper – personalizzata, al momento giusto. Però grazie alle tecnologie intelligenti e agli Automatic placements si potrà mostrare l’annuncio anche nel posto giusto.
I luoghi nei quali l’annuncio verrà mostrato nelle piattaforme di Facebook vengono chiamati Posizionamenti. In pochi anni, Facebook ha acquisito varie piattaforme social, che funzionano tutte con le stesse dinamiche e sono altamente interconnesse tra loro, scambiandosi dati vicendevolmente. Tutti i suddetti placements pubblicitari vengono gestiti dalla stessa piattaforma ossia Gestione Inserzioni (https://www.facebook.com/ads/manager).
In particolare, i Posizionamenti sono quattro:

● Facebook.

● Instagram.

● Messenger.

● Audience Network.


Questi si dividono a loro volta in altre sottocategorie: Sezione Notizie e Feed, Esplora, Colonna destra, Video in – stream, Instant Articles, Stories ecc.
Le due strategie perseguibili in tema di Posizionamenti sono quella manuale e quella automatica. Con i Posizionamenti manuali sarà l’inserzionista a decidere dove verrà visualizzato l’annuncio e, nel caso, dovrà creare manualmente Gruppi di inserzioni (c.d Ad Set) separati per ogni posizionamento. Invece, utilizzato l’Automatic placements sarà l’algoritmo di Facebook a decidere ed a ottimizzare per ogni impression e per ogni utente il posizionamento più pertinente ed efficiente. In questo caso ci si avvarrà di un unico Ad Set e di tutti i placements predefiniti, lasciando a Facebook maggior flessibilità per selezionare quello adeguato al singolo utente così da ottimizzare la pubblicazione per il miglior posizionamento. Difatti, Facebook consiglia di lasciare flessibilità al suo sistema di pubblicazione così da poter selezionare i risultati da una gamma più ampia al fine di ottenere un costo per risultato inferiore tra i posizionamenti. Si tenga in considerazione che i Posizionamenti automatici sono stati sviluppati per offrire il maggior numero di eventi di ottimizzazione al costo medio complessivo inferiore e non al costo medio inferiore per ogni singolo posizionamento.


La segmentazione del target è alla base di ogni campagna di advertising. Ecco che l’intelligenza artificiale e l’immensa quantità di dati aggiornati sugli utenti che Facebook possiede permettono anche di targetizzare gli utenti “freddi” (e quindi nella parte alta del funnel o che ancora non conoscono il brand) attraverso modalità differenti da quelle standard. Per targetizzazione standard si intende quella che viene effettuata a livello di Gruppi di inserzioni e basata sugli interessi, comportamenti, Paese e località, lingua, età, genere, dati demografici, hobby, gradimento delle pagine, relazioni, sport, personaggi seguiti ecc. Le variabili selezionabili attraverso la Targetizzazione dettagliata di Facebook sono molte così da segmentare e differenziare la tipologia di messaggicontenuti nelle inserzioni. Così facendo, se il prodotto o il servizio offerto dall’impresa ha una correlazione o un’affinità con i sopracitati elementi, l’annuncio verrà mostrato a quegli utenti.
Oltre a questa modalità di targetizzazione, Facebook ha introdotto i Pubblici Simili (c.d Lookalike Audience) i quali permetteranno di intercettare un gruppo di utenti che ancora non conosce il brand, non essendo entrati in contatto con questo (se, nel frattempo, sono state effettuate le dovute esclusioni di particolari Custom audience), ma che potrebbero essere interessati a questo poiché aventi delle caratteristiche simili del pubblico d’origine inserito. Il pubblico d’origine è proprio il primo elemento che deve essere selezionato e rappresenta il campione dal quale estrapolare il Pubblico simile. L’origine non è nient’altro che un Pubblico personalizzato (c.d Custom Audience) in precedenza realizzato e popolato. Per esempio, potrebbe essere composto da coloro che hanno effettuato una visualizzazione del contenuto negli ultimi 30 giorni, un’aggiunta al carrello negli ultimi 60 giorni o, come spesso si consiglia se sono stati generati abbastanza segnali di qualità, chi ha già acquistato ossia i clienti attuali. Potranno essere selezionati come origine anche i propri clienti migliori, integrando le strategie pubblicitarie con il lifetime value (LTV) del cliente così da orientarsi a segmenti di pubblico di alto valore. Infatti, come si è già trattato nei capitoli precedenti, non tutti i clienti sono uguali: ci sono persone che hanno acquistato poche volte e spendendo poco e chi ha comprato diverse volte spendendo cifre consistenti. Facebook è in grado di utilizzare queste informazioni sul LTV per ponderare il pubblico simile che verrà creato in base alla spesa e alla frequenza di acquisto dei clienti. In qualsiasi caso, la qualità, l’omogeneità e la dimensione del pubblico d’origine sono decisive in questo processo ed in caso contrario si erediteranno le problematiche della “fonte”.
Dopo aver selezionato il Pubblico d’origine e il Paese al quale ci si vuole rivolgere con i propri annunci, si dovrà selezionare la dimensione del Pubblico simile, definendo il grado di somiglianza di questa audience rispetto a quello d’origine, in base ad un parametro percentuale che va da 1 a 10 della popolazione combinata dei luoghi sopra inseriti: tra lo 0 e l’1% si ha il pubblico più simile all’origine, tra l’1 e il 3% vi è il secondo gruppo più simile mentre tra il 3 e il 6% si ha il pubblico più differente dal pubblico d’origine. All’aumentare della percentuale non solo diminuirà la somiglianza ma aumenterà anche la dimensione del pubblico che si andrà a creare. Naturalmente, la dimensione dell’audience differirà in base al Paese selezionato: il 3% della popolazione italiana iscritta a Facebook è nettamente inferiore al 3% di quella degli Stati Uniti. Ciò richiede varie riflessioni strategiche sulla percentuale da selezionare.
Effettuato tutto il processo, Facebook creerà la Lookalike Audience, estrapolando tutte le caratteristiche, le qualità e le variabili che accomunano il pubblico d’origine così da individuare le persone simili.


Infine, se si parla di machine learning e gestione dei budget pubblicitari su Facebook, non si può non trattare il concetto di Campaign budget optimization (CBO).
Prima di tutto si ricorda che una campagna pubblicitaria su Facebook è composta tra tre livelli, ognuno dei quali permette di controllare alcuni elementi particolari:

1. Campagna (Campaign). Vengono principalmente definiti gli obiettivi racchiusi nei tre macro – gruppi Notorietà, Considerazione e Conversione.

2. Gruppo di annunci (Ad Set). Possono essere distinti per budget, target audience, durata e posizionamenti.

3. Inserzioni o annunci (Ads). Gli annuncivengono distinti per formato (immagine, video, carosello, raccolta), CTA (call to action), testi, link di atterraggio ecc.


Ogni campagna può essere composta da uno o più Gruppi di inserzioni, che a loro volta potranno contenere più inserzioni.
Le campagne su Facebook si fondano sulla selezione di molte variabili, rendendo difficile sapere ex ante quale combinazione di queste sarà la più performante. Tipicamente, il budget veniva allocato manualmente a livello di Gruppi di inserzioni (Adset Budget Optimization o ABO), rendendo difficile monitorare e ottimizzare con precisione la spesa dell’account. Quindi gli inserzionisti dovevano obbligatoriamente eseguire svariati test per stimare l’importo del budget da impegnare in ogni Ad Set e monitorarlo costantemente.
Invece, utilizzato la CBO o Campaign budget optimization il budget viene impostato e aggregato a livello di Campagna e sarà l’AI ad ottimizzare in modo intelligente ed automatico il budget pubblicitario tra gli Ad Set, distribuendolo in real time e in modo continuativo su quelli più performanti in relazione ai risultati passati e alle previsioni che vengono effettuate. In pratica, si decide di destinare un budget alla Campagna, lasciando a Facebook la sua gestione non solo sulla base dei risultati ottenuti, ma anche delle previsioni future. Così si automatizza l’allocazione ottimale del budget tra i vari Gruppi di inserzioni, stabilizzando maggiormente le Campagne (a livello complessivo) e spendendo meno tempo nella loro gestione manuale.
Anche in questo caso si potrà controllare parzialmente l’allocazione degli importi da spendere impostando dei limiti minimi o massimi a livello di Gruppo di inserzioni. Un ulteriore vantaggio che si ottiene dalla CBO è che non viene riavviata la fase di apprendimento quando il budget viene riallocato tra gli Ad Set.



4.5 La raccolta dei dati e dei segnali digitali: il carburante delle Facebook Ads.

L’Algoritmo e il machine learning che governano la pubblicità su Facebook ha un funzionamento molto complesso e si basa sui segnali algoritmici, ossia tracce specifiche lasciate dagli utenti all’interno e all’esterno della piattaforma. Si tratta di tutti gli eventi, azioni e comportamenti tracciati prima del clic (nelle varie piattaforme social) o dopo il clic (sul sito web o sull’app). 
Di conseguenza, si dovrà agire principalmente sui segnali, cercando di passare il più alto numero di dati di qualità a Facebook al fine di sfruttare al meglio l’algoritmo e quindi mostrare le inserzioni alle persone giuste.
In altre parole: per far funzionare correttamente il machine learning di Facebook serve traffico e soprattutto tanti segnali costanti, precisi e di qualità. Più dati verranno forniti e prima gli algoritmi apprenderanno così da far funzionare correttamente le campagne, ottimizzando le esperienze dei consumatori in modo continuativo.


Allora, in questi approcci pubblicitari basati sull’intelligenza artificiale, i segnali sono fondamentali sia in ottica di retargeting sia per ottimizzare e stabilizzare le performance delle campagne.
Infatti, ogni volta che viene mostrata un’inserzione, il sistema di apprendimento automatico di Facebook diventa più accurato, “imparando” volta per volta. All’aumentare delle impressions, della copertura e, quindi, dei dati tracciati correttamente, il sistema di pubblicazione aumenterà la sua precisione nel mostrare l’inserzione alla persona giusta, al momento giusto e nel posto giusto riducendo al contempo i costi: le prestazioni dovrebbero migliorare con il tempo. Il suddetto periodo durante il quale i sistemi di machine learning di Facebook imparano a conoscere l’inserzione e la relativa audience viene chiamato “fase di apprendimento”. Durante questa fase il sistema di pubblicazione cerca il modo migliore per pubblicare l’Ad Set e di conseguenza si avrà minor stabilità, maggiori variabilità e costi per azione (CPA): i risultati che si ottengono in questo arco temporale potrebbero non essere indicativi di quelli futuri. L’obiettivo è proprio quello di ottimizzare la pubblicazione e la distribuzione futura delle ads.
La Fase di apprendimento inizia ogni volta che viene creata una nuova Inserzione o Gruppo di inserzioni oppure quando si effettua una modifica significativa a questi due. Prima di effettuare modifiche significate ad un Gruppo di inserzioni conviene attendere il completamento della fase di apprendimento, pena la ripartenza di questa e il ritardo dell’ottimizzazione. Nella colonna “Pubblicazione” si potrà vedere la scritta “Apprendimento”.
Solitamente, la suddetta fase termina quando il singolo Ad Set (e non la Campagna) ottiene 50 eventi di ottimizzazione nella settimana successiva all’ultima modifica significativa. In tal senso, si dovrà selezionare un budget realistico che permetta di ottenere questi 50 eventi di ottimizzazione, ricordandosi che modifiche significative del budget sono sconsigliate poiché porterebbero al reset della Fase di apprendimento.
In qualsiasi caso, Facebook consiglia di creare Ad Set che ottengano almeno 25 – 30 conversioni a settimana così da aiutare il suo sistema di machine learning a raccogliere una quantità sufficiente di dati.
Se il Gruppo di inserzioni non riesce ad ottenere il suddetto ammontare di eventi di ottimizzazione (50) entrerà nella Fase di apprendimento limitato e ciò significa che il sistema di pubblicazione non è in grado di ottimizzare le prestazioni in base alle configurazioni attuali. “Di solito, un’inserzione mostra la dicitura Apprendimento limitato quando il gruppo di inserzioni è limitato da un pubblico di piccole dimensioni, un budget ridotto, un valore massimo dell’offerta o del controllo del costo bassi, un’elevata sovrapposizione nell’asta, eventi di ottimizzazione poco frequenti o altri problemi come troppe inserzioni in corso allo stesso tempo” (facebook.com. Informazioni su Apprendimento limitato).
Per risolvere una situazione di apprendimento limitato si può:

● Cambiare l’evento di ottimizzazione identificandone uno che avviene più frequentemente. Per esempio, passando da “acquisto” ad “aggiunta al carrello”.

● Combinare i Gruppi di inserzioni e le campagne in ottica di semplificazione dell’account. Difatti, per favorire la fase di apprendimento bisogna evitare di avere volumi elevati di ads. Con molti Ad Set e Inserzioni il machine learning apprenderà meno e con più difficoltà rispetto ad una situazione in cui queste vengono ridotte. Allora è consigliabile combinare Ad Set simili al fine di combinare anche il budget e le fasi di apprendimento e ottenere risultati più rapidamente.
Anche Facebook consiglia di semplificare la struttura dell’account, diminuendo e consolidando gli Ad Set (per esempio, i pubblici simili dovranno essere uniti) i quali dovranno essere maggiormente flessibili. Tra i vari vantaggi di questo approccio vi è l’accelerazione dell’uscita dalla fase di apprendimento con CPA inferiori e Ad Set più stabili. Infatti, durante la fase di apprendimento i Gruppi di Inserzioni non ottengono risultati in modo efficacie ed efficiente: il sistema per apprendere necessita di segnali di qualità, non di tempo.

● Ridurre al minimo la sovrapposizione del pubblico usando le appropriate esclusioni. Facebook consiglia di mantenere una sovrapposizione massima del 20 – 30% tra i pubblici in diversi Gruppi di inserzioni. In caso di overlap maggiori, si potrebbero avere annunci in competizione interna nelle stesse aste e frequenze maggiori. Per risolvere questa problematica bisognerà combinare gli Ad Set con un pubblico simile.
Il tool di “Sovrapposizione del pubblico” permette di eseguire la suddetta analisi.

● Più ampio è il pubblico e più probabile sarà il completamento degli eventi di ottimizzazione.

● Incrementare il budget al fine di raggiungere le 50 conversioni sopra descritte.

● Incrementare il valore di controllo dei costi e quello massimo dell’offerta.


Se i Social Network come Facebook riescono a tracciare con precisione quanto avviene nel perimetro delle loro piattaforme, col passare del tempo, la raccolta di dati nei siti esterni è divenuta sempre più difficoltosa e imprecisa. Queste difficoltà sono nate per via delle varie regolamentazioni e normative introdotte sia dal Legislatore sia da enti privati. L’ultimo evento che ha scosso completamente il mondo del marketing digitale e quindi quello dell’advertising sono stati gli aggiornamenti annunciati da Apple a giungo 2020 e rilasciati ufficialmente il 26 aprile 2021:

● l’introduzione della funzionalità App Tracking Transparency (ATT), che impone agli sviluppatori di mostrare un avviso per richiedere l’autorizzazione al tracciamento tramite app di terze parti.

● Facebook e altre piattaforme dovranno usare un nuovo frameworkche riduce e aggrega il monitoraggio degli eventi.

In pratica, con iOS 14.5 le App dovranno comunicare agli utenti esattamente quali dati sensibili stanno monitorando e dovranno chiedergli esplicitamente il consenso per tracciarli (opt – in). Senza entrare nei dettagli in quanto non è la finalità del presente elaborato, si pensi che le conseguenze in materia di tracciamento dati sui siti e sulle app esterne a Facebook sono state estremamente gravi (l’ATT parla di tracciamento cross-app e cross – domain e non di attività in – app, quindi all’interno della piattaforma Facebook o Instagram che resta inalterato). Facebook è stato costretto a rivedere rapidamente il sistema di tracciamento assieme ad un nuovo sistema di modellazione statistica. Naturalmente, questo aggiornmento non colpisce solo Facebook ma su tutte le app che si basano sulla raccolta dei dati degli utenti per offrire servizi di pubblicità e / o personalizzazioni.


Per i motivi sopra descritti, bisogna assolutamente colmare le lacune nel percorso d’acquisto dell’utente utilizzando tutti i metodi di tracciamento che Facebook mette a disposizione.
La prima e la più nota modalità di tracciamento è l’utilizzo del Pixel.
Il Pixel è un codice javascript, un’immagine invisibile con dimensioni 1×1 (un pixel per l’appunto), che viene inserito su tutte le pagine del sito web ed ogni volta che viene caricato, comunicherà a Facebook le azioni e i comportamenti effettuati dell’utente, le pagine visualizzate, i bottoni cliccati, le varie tipologie di conversioni e molto altro ancora. Questo codice installerà un piccolo file detto cookie, che traccerà la visita dell’utente Facebook sul sito web e permetterà alla piattaforma pubblicitaria di interagire e scambiare informazioni con il sito web stesso. L’installazione potrà avvenire utilizzando integrazioni partner (per esempio di Shopify, di Magento, di BigCommerce o di Woocommerce), plug – in terzi (come “Pixel Your Site” o “Insert Headers and Footers”), strumenti di gestione dei tag (Google Tag Manager) o manualmente avvalendosi di sviluppatori. In questo secondo caso, il codice del Pixel andrà inserito tra i tag <head></head> di tutte le pagine: così facendo si potrà iniziare ad attivare l’evento PageView predefinito ogni volta che una pagina viene visualizzata da qualcuno.


L’elemento sorprendente è che con il suddetto sistema Facebook trascende dal dispositivo o dall’indirizzo IP poiché il match verrà effettuato a partire dal codice identificativo dell’utente iscritto a Facebook, così da tracciare con precisione i movimenti cross-device.
Gli eventi si dividono in standard e personalizzati. Quegli standard vengono resi disponibili automaticamente da Facebook per monitorare le principali tipologie di conversioni, come acquisti, lead, registrazioni ecc. Mentre gli eventi personalizzati vengono predisposti dal marketer.
Il codice stesso del Pixel viene suddiviso in due parti:

● Il Codice Base che traccia di default l’evento Page View (visualizzazione della pagina di destinazione).

● Il Codice per l’evento Standard. Nell’esempio sottostante è stato inserito l’Add To Cart ossia l’Aggiunta al carello (fbq(‘track’, ‘AddToCart’);). Altri eventi standard sono Visualizzazione del contenuto (fbq(‘track’, ‘ViewContent’);), Cerca ossia le ricerche sul sito (fbq(‘track’, ‘Search’);), Aggiunta alla lista dei desideri (fbq(‘track’, ‘AddToWishlist’);), Inizio di acquisto (fbq(‘track’, ‘InitiateCheckout’);), Aggiunta delle informazioni di pagamento (fbq(‘track’, ‘AddPaymentInfo’);), Completamento di un acquisto (fbq(‘track’, ‘Purchase’,{value: ‘0.00’, currency:’EUR’};),  Acquisizione di contatto (fbq(‘track’, ‘Lead’);), Iscrizione completata (fbq(‘track’, ‘CompleteRegistration’);). Il parametro “value” indica il valore della conversione e la maggior parte delle piattaforme come Shopify e Woocommerce lo genera dinamicamente e automaticamente. Invece il parametro “currency” rappresenta la valuta dell’importo. Nell’esempio sopra questi due parametri sono stati indicati solo per “Purchase” ma possono essere registrati anche per eventi come “Initiate checkout”, “Add To Cart” ecc. Così da scoprire per esempio, il valore degli articoli abbandonati nel carrello.

(Facebook Business)


Oltre il Pixel di Facebook bisogna impostare e attivare anche la Conversions API (CAPI).
La Conversions API è un rinnovamento di ciò che Facebook precedentemente chiamava Server Side API (SSAPI). L’API lato server è disponibile ormai da tempo ed era un’opzione ricca di codice che consentiva ai brand di creare azioni/eventi personalizzati che potevano poi essere passati dal server di un sito a Facebook per l’attribuzione.
La CAPI si basa sui vantaggi di SSAPI aggiungendo nuove integrazioni per semplificare il processo di installazione con lo scopo di migliorare i dati complessivi che vengono inviati dal sito web a Facebook così da fornire approfondimenti e apprendimenti migliori delle campagne.  
L’API Conversions è uno strumento che permette di condividere direttamente dai server del sito web proprietario a quelli di Facebook le azioni dei clienti o i principali eventi web e offline, senza passare dal browser. Quindi replica gran parte delle funzionalità del Pixel per quanto riguarda il monitoraggio ma non si basa sul browser browser (soggetto a crash, adblock e ai blocchi dei dati da parte del browser stesso o del device) ma in modo più sicuro a livello di server. Inoltre, il Pixel effettua il matching direttamente con l’account Facebook dell’utente mentre l’API server lo fa attraverso una serie di dati chiave e di parametri che vengono passati (es. nome, cognome, e-mail, città, stato, browser ID ecc.).
Nonostante la CAPI non è una soluzione diretta ai problemi dell’ATT, è progettata per aiutare gli inserzionisti a raccogliere dati attraverso il sito web senza fare affidamento sui cookie, cercando di colmare alcune lacune causate dalla mancanza di monitoraggio e migliorando l’affidabilità relativa all’invio di eventi. Facebook consiglia (developers.facebook.com. Set up Conversions API as a Platform) di tenere installati sia il Pixel che la CAPI e lasciare che sia Facebook stesso a deduplicare gli eventi (in pratica, a rimuovere i duplicati). Questi due strumenti sono indipendenti ma complementari e operano assieme per migliorare le prestazioni e le misurazioni.


In aggiunta a quanto detto, si dovrà­ attivare la Corrispondenza avanzata automatica (c.d Auto Advanced Matching). Questa funzione si integra come tassello nella soluzione delle varie difficoltà di tracciamento.
L’Advanced Matching può rilevare alcuni campi del sito web come l’indirizzo e-mail, aiutando ad attribuire con più precisione la provenienza della conversione o dell’evento. Così si potrà informare in modo più accurato l’algoritmo di Facebook su chi è il cliente che converte meglio.
Facebook sarà in grado di capire meglio chi ha compiuto una determinata azione e il percorso che ha effettuato. Quindi le Custom Audiences saranno più ampie. Invece di avere solo un file di cookie, si comunicherà alla piattaforma Social l’utente che ha eseguito le azioni, in modo che sia univocamente identificabile.
In pratica, si forniranno dati avanzati aggiuntivi (cioè il nome e il cognome, il genere, l’indirizzo e – mail, il numero di telefono, la data di nascita, la Città, lo Stato, il Paese e il CAP) raccolti sul sito web e utili per effettuare un match corretto con gli utenti iscritti a Facebook.
Si tenga in considerazione che la Corrispondenza avanzata si basa comunque sul Pixel di tracciamento.


Infine, è importante avvalersi di un framework di UTM per tracciare i dati delle campagne per capire cosa effettivamente guida le azioni. Questi dati potranno poi essere visualizzati automaticamente su Google Analytics. Google Analytics rappresenta lo strumento principale utilizzato globalmente dalle imprese per monitorare e analizzare le performance delle attività web, mobile e social.
Tutti questi metodi di tracciamento andranno utilizzati assieme e serviranno proprio per mostrare annunci rilevanti e pertinenti al singolo utente.


4.6 Brevi riflessioni finali.

Il machine learning alla base di Facebook Ads permette di comprendere e intercettare gli utenti che hanno maggiore probabilità di effettuare l’azione desiderata così da inviare il messaggio giusto, alla persona giusta, al momento giusto, in modi che le tecniche tradizionali e manuali non possono fare. L’obiettivo finale dell’intelligenza artificiale applicata alle campagne pubblicitarie è proprio quello di migliorare e personalizzare l’esperienza dell’utente, rendendo più profonda la sua conoscenza e cercando di anticipare le sue esigenze.
Tutto ciò libera molto tempo e budget per gli advertiser poichè sarà la macchina ad eseguire le ottimizzazioni delle campagne, selezionare e riallocare il budget, i posizionamenti ecc. Così facendo ci si potrà concentrare sulla strategia e sulla creatività. In aggiunta, l’implementazione dell’intelligenza artificiale permette di attivare delle logiche di apprendimento e di feedback costante. Difatti, queste tecnologie permettono di apprendere da ogni interazione tracciata e ricevuta, migliorando costantemente la sua conoscenza.




Passa alle conclusioni e alla bibliografia.
Andrea Parmigiani

Author Andrea Parmigiani

Ciao. Mi chiamo Andrea e sono specializzato nello sviluppo di strategie digitali e nella gestione della pubblicità online con lo sguardo rivolto ai risultati concreti.

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